"Ogni anno, nel mese di agosto, si festeggiano i due "giganti" di Sicilia, Mata e Grifone. "Codesti colossi - scrive Pitrè in Feste patronali - sono sempre per il buon popolo messinese due simpatiche figure, e del popolino due specie di geni tutelari: l’una, la Gigantessa, la bella signora del Camaro (villaggio a poche miglia della città da dove si fanno provenire le due figure), l’altro, il gran Moro venuto dall’Africa, un feroce antropofago, cui essa addomestica…".

Le colossali statue di Mata e Grifone, detti i "Giganti" secondo la tradizione raffigurano i mitici progenitori della stirpe peloritana. Lui bruno e barbuto, nelle fattezze classicheggianti ricorda il Giove Capitolino, lei Mata, presenta le prosperose fattezze di una popolana, precisamente "cammarota", abitante cioè di un antico quartiere, fuori le mura, a sud-ovest del porto.
Dalla seconda metà del secolo scorso i Giganti procedono trainati su carrelli a ruote, mentre in passato i due venivano sollevati dai portatori attraverso pali e staffe basculanti, che consentivano di mantenerli in equilibrio, conferendo peraltro un andamento caracollante alle due statue equestri. Così come per la Vara, la sfilata era accompagnata da tamburi, trombe e dal suono cupo della "brogna" e della "ciaramedda". Vari figuranti improvvisavano brevi spettacoli per la gioia degli astanti, durante le tappe della passeggiata. A seconda delle versioni i nomi dei due colossi furono: Cam e Rea e Saturno e Cibele, con chiaro riferimento alla mitologia locale.
Diverse e tutte di grande curiosità sono le leggende che ruotano intorno a queste due figure: una forse la più interessante, narra che intorno al 964 il moro Hassam Ibn-Hammar era sbarcato nelle vicinanze delle coste di Messina allo scopo di saccheggiare i paesi tra Camaro e Dinnamare.
Durante una delle sue tante incursioni il moro vide e si innamorò di una fanciulla di nome Marta (da cui Mata), figlia di Cosimo II di Coltellaccio. Contrariati e decisi a rifiutare la proposta di matrimonio del musulmano, i genitori di Marta nascosero la fanciulla in un luogo sicuro, lontano dal pericolo dei saccheggi. Scoperto il nascondiglio segreto, gli uomini che agivano in nome di Hassam rapirono Marta e la consegnarono al loro capo. La povera fanciulla si chiuse in un lungo silenzio e soltanto la conversione del moro al cristianesimo la fece rinascere spiritualmente, tanto da accettare Grifone (questo il nome cristiano del moro) come sposo.
Questa antica storia d’amore rivive all’interno della festa che ricorre il 13 e 14 agosto.
In queste due giornate Grifone è raffigurato a cavallo, in veste di guerriero che impugna una mazza con una mano e con l’altra lo scudo su cui è inciso lo stemma della città (un castello con tre torri di colore nero su un campo verde); Mata è invece rappresentata da una grande statua con il capo incorniciato da una corona su cui sono disegnate tre torri, a simbolo dei tre porti di Messina.
Per quanto riguarda Grifone, il volto pare sia stato scolpito prima da Martino Montanini e una seconda volta da Andrea Calamech (XVI secolo). La testa di Mata fu più volte rifatta ad opera di vari autori: Santi Siracusa (XVIII secolo), quindi, a seguito dei restauri del 1951, da Michele Amoroso e dopo pochi anni da Mariano Grasso. I Giganti, come la Vara, hanno subito un radicale intervento di restauro a metà degli anni ottanta, ad opera della ditta Prizzi di San Cataldo (CL) su indicazioni dell'arch. Rodo Santoro.