PARITÀ DI GENERE: LE NUOVE LINEE GUIDA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

 

Sono state approvate nei giorni scorsi, le Linee Guida sulla parità di genere nella Pubblica Amministrazione, firmate dal Ministro della Funzione Pubblica e dalla Ministra per le Pari Opportunità. Si tratta di una serie di misure specifiche e concrete che fissano gli obiettivi prioritari per le amministrazioni, volte a realizzare una migliore organizzazione lavorativa più inclusiva e rispettosa della parità di genere.

A chi si rivolgono?

Le linee guida sono rivolte a tutte le amministrazioni pubbliche ed –  in particolare – alle figure che, al loro interno, rivestono i ruoli di vertice o ai dirigenti responsabili della gestione delle risorse umane, offrendo strumenti che possono essere messi in campo per concorrere a equilibrare, situazioni “di fatto” non uguali.

Nonostante la nostra legislazione in tema di pari opportunità, sia tra le più avanzate, frutto anche di numerose direttive europee, si è sentito il bisogno di nuove Linee guida sulla parità di genere in una Pubblica amministrazione che si è progressivamente femminilizzata fino a essere composta da donne per il 58,2% del proprio personale nei ruoli impiegatizi, percentuale che scende al 38% quando si parla della dirigenza e si assottiglia ancora se si entra nella riserva della dirigenza di prima fascia.

Obiettivi legati anche all’attuazione del PNRR?

E’ stato necessario ribadire alcuni obiettivi della Pubblica Amministrazione, in tema di parità di genere, in considerazione che tra i divari da colmare attraverso gli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, c’è anche la parità di genere che diventa così trasversale rispetto all’attuazione del Piano stesso.

Certamente la pubblica amministrazione è il più grande datore di lavoro italiano e le 23 pagine delle nuove Linee guida contengono delle indicazioni e misure specifiche per la sua attuazione, partendo dalla “check list” della parità di genere, misurando ad esempio la rappresentatività attuale negli uffici, valutando le procedure di selezione per i nuovi ingressi e la cultura manageriale messa in atto.

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Come si sviluppano le linee guida?

Nella prima parte si analizza il contesto che fotografa il nostro paese al 14mo posto tra i 27 paesi Ue in tema di parità di genere e nel mondo del lavoro tra le posizioni più basse di tutti gli Stati membri, nella seconda parte si rivolge direttamente alle amministrazioni, in particolare agli uffici di vertice o a quelli incaricati della gestione delle risorse umane, ed entra nel merito delle azioni utili a migliorare la parità di genere nella Pubblica amministrazione.

Si individuano, infatti, una serie di raccomandazioni: dalle procedure di reclutamento indicando misure per evitare che, tra concorrenti di diverso sesso, possano determinare una discriminazione indiretta per effetto di periodi di assenza legati alla maternità, con indicazioni su come costruire bandi, affinché non riproducano le discriminazioni di genere e quindi favorire commissioni esaminatrici attente a questi temi.

Esempi concreti?

Una particolare attenzione anche all’orario delle riunioni, per permettere di conciliare tempi di lavoro e quelli della vita personale; si prevede ad esempio che l’amministrazione si organizzi per svolgere riunioni non oltre un certo orario e con modalità di svolgimento ibrida, con collegamento in videoconferenza, anche se vi sono partecipanti in presenza.

L’utilizzo di un linguaggio inclusivo a partire dall’uso delle forme femminili corrispondenti ai nomi maschili o l’uso di entrambe le forme in ambito professionale, ad esempio per i titoli professionali.

Anche il lavoro agile, ottimo strumento di conciliazione fra vita e lavoro, può diventare un meccanismo discriminatorio se concesso solo alle donne, come del resto è già successo al part time, va quindi regolamentato in chiave non discriminatoria.

Oltre a programmi dedicati al rientro post maternità/paternità e per gestire il “riallineamento” delle risorse a seguito di assenze prolungate.

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Importante è anche la lettura di “genere” di alcuni dati, ad esempio sulle retribuzioni, dove si ritiene necessario far comparire anche i compensi connessi agli incarichi aggiuntivi spesso appannaggio degli uomini che fotografano quei fenomeni di “gender pay gap” reali, ma spesso invisibili in quanto non legati agli stipendi contrattuali, che – come sappiamo – sono necessariamente gli stessi per uomini e donne, ma a opportunità di guadagni aggiuntivi che si riconducono alla maggiore disponibilità di tempo extra-lavoro.

Anche in tema di concorsi entrano misure per la parità di genere?

Tutto ciò in linea anche con la riforma dei concorsi, appena approvata nel Consiglio dei Ministri del 5 ottobre, il cui  Dpr prevede nuove, concrete e innovative misure a tutela della parità di genere, finalizzate – ad esempio – alla rimozione degli ostacoli alla partecipazione ai concorsi per le donne in gravidanza o allattamento e per coloro che si trovino in situazione di svantaggio (Dsa), chiedendo altresì ad ogni ente l’indicazione nei bandi, dell’attuale rappresentatività di genere, preferendo il genere meno rappresentato quando la distanza è superiore al 30%.

L’augurio è che queste norme producano finalmente degli effetti concreti, in un paese in cui le donne devono scegliere tra lavoro e diventare madri, poiché – ancora oggi – nonostante il grave problema della denatalità, per una donna mettere al mondo figli è un fattore di discriminazione per l’accesso al mondo del lavoro e alle progressioni di carriera.

Per informazioni, rivolgersi all’Ufficio della Consigliera di Parità della Città Metropolitana di Messina, Via Dogali 1/D, 3°piano del Centro per l’impiego.

 

Si riceve solo per appuntamento contattando:

Segreteria Ufficio della Consigliera di Parità, Dott.ssa Tania Cannameli, tel. 090/2984781,

mail: gaetana.cannameli@regione.sicilia.it;

Consigliera di Parità: Dott.ssa Mariella Crisafulli, mail: m.crisafulli@regione.sicilia.it – mobile 3666439840

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